Breve storia dell’ipnosi

Riti di Asclepio

Si dice che l’ipnosi sia la più antica forma di psicoterapia inventata nell’ambito del consorzio umano. Non mi sentirei di sottoscrivere completamente quest’affermazione, ma è suggestivo pensare che la valenza terapeutica insita nei rituali di molte, antiche culture consistesse proprio nella modulazione degli stati di coscienza.

In particolare, il “rito d’incubazione”, quella pratica magico-religiosa che consiste nel dormire nell’area sacra di un tempio allo scopo di ricevere in sogno rivelazioni sul futuro oppure cure e benedizioni di vario tipo, è nota già in epoca sumerica. Documentata presso gli antichi egizi fin dal XV sec. A.C., questa pratica venne successivamente formalizzata all’interno dei riti di Asclepio, in Grecia e poi a Roma.

Franz A. Mesmer

Caduta nell’oblio per molti secoli – quanto meno nell’emisfero occidentale – l’ipnosi venne “riscoperta” nella seconda metà del ‘700 da Franz A. Mesmer, medico tedesco che esercitò a Vienna dal 1767 al 1777 e a Parigi dal 1778 al 1784. Mesmer aveva notato che, entrando in risonanza empatica con il paziente, era possibile alleviare e addirittura risolvere la sintomatologia di cui soffriva. Poiché all’epoca la “psicologia”, intesa come scienza che studia i processi psichici e mentali, non esisteva ancora, Mesmer ipotizzò che gli effetti terapeutici da lui osservati fossero imputabili a un fenomeno fisico: un “fluido magnetico” che percorreva i corpi (umani, ma anche astrali) e che poteva, per così dire, subire degli intoppi; “con l’aiuto di talune tecniche [per esempio, l’applicazione di magneti sul corpo della persona], il fluido può essere incanalato e immagazzinato […] in questo modo si possono provocare nel paziente delle “crisi” e si possono curare le malattie.” [Henri F. Ellenberger, La scoperta dell’inconscio – Storia della psichiatria dinamica, 1970, Universale Bollati Boringhieri (1976), pag. 71]

Uno dei discepoli di Mesmer, Amand-Marie-Jacques de Chastnet, marchese di Puységur (1751-1825) osservò che “magnetizzando” un paziente, questi cadeva “in uno strano sonno: un sonno nel quale egli sembrava più vigile e più attento di quanto non lo fosse nello stato di veglia”; inoltre, “Una volta entrati in tale stato, i soggetti erano capaci di diagnosticare le proprie malattie, di prevederne il corso […], e di prescriverne il trattamento.” [Op. cit. pag. 82] Puységur sistematizzò le sue scoperte nella fondazione della Société harmonique des amis réunis, il cui scopo era “di addestrare magnetisti e d’istituire centri per il trattamento magnetico. Nel 1789 essa annoverava più di duecento membri” e “Non si può dire quale sviluppo il movimento avrebbe potuto prendere se non fosse stato interrotto bruscamente dalla Rivoluzione [francese] nel 1789.”[Op. cit. pag. 84]

Bisognò aspettare una cinquantina d’anni perché la fenomenologia della trance ridivenisse oggetto d’attenzione in ambito terapeutico. Ciò avvenne nel 1841 a opera di un medico inglese, James Braid (1795 – 1860), che per primo coniò il termine “ipnotismo”: “Egli rifiutò la teoria del fluido magnetico e ne propose un’altra, nuova, basata sulla fisiologia del cervello.” [Op. cit. pag. 95].

Hippolyte Bernheim

La fase successiva ebbe luogo in Francia, prima con Ambroise Liébeault (1823-1904) e successivamente con Hippolyte Bernheim (1840-1919), caposcuola della cosiddetta scuola di Nancy. “Bernheim usava correntemente l’ipnotismo per il trattamento di molte malattie organiche del sistema nervoso, reumatismi, disturbi gastrointestinali, disturbi mestruali.“ [Op. cit. pag. 102] La scuola di Nancy poneva l’accento sulla componente suggestiva dell’ipnosi, in aperta polemica con le ipotesi delineate in quegli stessi anni, a Parigi, da Jean-Martin Charcot (1825-1893).

Jean-Martin Charcot

Charcot, considerato il padre della neurologia, è noto in ambito psicologico per essere stato il primo ad avere condotto uno studio sistematico sul disturbo allora noto come “Isteria”, che egli equiparava, in un certo modo, alla condizione di trance. Bernheim, al contrario, “negava la validità della teoria dell’isteria di Charcot e affermava che le condizioni isteriche mostrate alla Salpêtrière [la famosa clinica psichiatrica situata nel XIII arrondissement di Parigi, oggi centro ospedaliero universitario] erano artefatte.” [Ibidem]

Janet

Fra coloro che lavorarono alla Salpêtrière vi fu Pierre Janet (1859-1947), psicologo e filosofo francese, nonché precursore della moderna psicologia dinamica. Le sue ricerche nell’ambito dei fenomeni dissociativi e del trauma confluirono nel saggio L’automatisme psychologique (1889), in cui Janet descrive una classe di comportamenti, fisici e mentali, messi in atto dal soggetto senza che questi ne sia consapevole, o comunque caratterizzati da una consapevolezza “parziale” (in questa categoria rientrano, per esempio, i sintomi nevrotici). Tale condizione, che oggi definiremmo “dissociativa”, comprende secondo l’autore anche lo stato ipnotico, la cui fenomenologia egli descrive (correttamente) in base a tre criteri: “1) amnesia al risveglio; 2) ricordo di stati ipnotici precedenti durante l’ipnosi; 3) ricordo dello stato vigile durante gli stati ipnotici.” [Op. cit. pag. 419]

Con un’intuizione che ora ci sembra quasi banale, ma che all’epoca era praticamente inedita, Janet ipotizzò che alcune manifestazioni di automatismo psicologico fossero riconducibili alle “idee fisse subconscie”, ovvero pensieri e/o ricordi legati a “un avvenimento traumatico o terrorizzante, divenuto subconscio e sostituito da sintomi.”[Op. cit. pag. 433]. Il suo approccio prevedeva che “L’idea fissa subconscia dev’essere ricercata con mezzi d’indagine obiettivi. A volte (…), lo studio dei sogni fornisce qualche indizio, ma il metodo principale di Janet fu l’ipnosi, mediante la quale il paziente produceva i ricordi dimenticati con più o meno resistenza.”[Ibidem]

Freud

L’”allievo” più famoso di Charcot fu invece Sigmund Freud (1856-1939), che studiò alla Salpêtrière fra il 1885 e 1886. Successivamente, “Nel 1892 e 1893 Freud sembrò oscillare tra la scuola di Nancy, la sua vecchia fedeltà a Charcot e l’adozione del metodo catartico di Breuer”[Op. cit. pp. 559-560] approdando infine, nello stesso anno (1893) all’elaborazione della Comunicazione preliminare (1893), “che molti considerano la prima pietra nell’edificio della psicoanalisi”[Op. cit. pag. 560]

Usata unicamente per accedere ai ricordi inconsci, l’ipnosi aveva però una valenza terapeutica limitata, ragione per cui Freud l’abbandonò in favore del “metodo catartico” messo a punto da Eugen Breuer e, successivamente, dal “procedimento della libera associazione”, sviluppato fra il 1892 e il 1898 e considerato “costitutivo della tecnica psicoanalitica.” [Laplanche e Pontalis, Enciclopedia della psicanalisi (1° edizione 1967), Editori Laterza, 1987, pag. 294]

L’andamento “carsico” che caratterizza l’impiego dell’ipnosi nella psicologia clinica fa sì che, per tutta la prima metà del ‘900, questa disciplina scompaia di fatto dall’orizzonte terapeutico, dominato in buona parte dalla psicoanalisi, e poi dalle scuole americane (behaviorismo e cognitivismo), insieme agli approcci sistemico-relazionali e strategico/costruttivisti.

Erickson

L’ipnosi terapeutica, che per la prima volta assurge a psicoterapia ipnotica, “riemerge” negli anni ’60 con la figura di Milton Erickson (1901-1980), “considerato da molti la figura più innovativa e influente nella moderna pratica dell’ipnosi clinica e della psicoterapia” [Michael D. Yapko, Trancework – An Introduction to the Practice of Clinical Hypnosis (3rd Edition), Brunner-Routledge, 2003, pag. 158]

Di fatto, con Erickson il vecchio concetto di ipnosi “direttiva” viene definitivamente abbandonato a favore di una più sottile comprensione delle dinamiche intrapsichiche sottostanti la trance. Egli privilegia un approccio naturale, colloquiale, ricorrendo a metodi prevalentemente indiretti quali la narrazione, il paradosso e la metafora (“[…] if a symptom may be metaphorical, so can its treatment be” – M.D. Yapko, Op. cit. pag. 156).

Centrale nella sua elaborazione è il concetto di inconscio, inteso come sede di passati apprendimenti e di nuove, potenziali soluzioni: un dispositivo di adattamento più antico del pensiero conscio, caratterizzato da una forma di intelligenza procedurale che si configura come complementare rispetto a quella dichiarativa.

Ne discende che “Se correttamente impostata, la terapia ipnotica può orientare il paziente nella comprensione del proprio ruolo nell’ottenere la guarigione, e quindi ingaggiarlo nella sua stessa cura contrastando la dimensione della dipendenza dai farmaci o dal terapeuta. Di fatto, l’ipnosi conferisce al paziente un senso di sicurezza e un atteggiamento di interesse nella propria attiva partecipazione alla terapia.” [Erickson in Rossi, 1980, Vol. IV, pag. 34 – citato in M.D. Yapko. Op. Cit. pag. 159.]

A.M.I.S.I.

La scuola nella quale mi sono specializzata – S.E.P.I. Scuola Europea di Psicoterapia Ipnotica, emanazione di A.M.I.S.I. Associazione Medica per lo Studio della Ipnosi – impartisce un insegnamento in linea con i principi Ericksoniani, ma in un ottica fortemente evolutiva.

“Nella sua evoluzione neo-ericksoniana essa [la Psicoterapia Ipnotica] è maggiormente tesa a cogliere il piano disfunzionale del disagio, ad agire pragmaticamente su di esso e ad accompagnare la persona verso il proprio positivo cambiamento privilegiando tutto ciò nei confronti dell’analisi del passato e della ricognizione della dimensione simbolica dell’impianto sintomatologico. Non per questo lo psicoterapeuta neo-ericksoniano nega l’opportunità di tale problematica, e con la proposizione che il processo cominci “qui ed ora”, egli non trascura quelle analisi e dimensioni, ma valuta quei possibili dati secondo il loro profondo e contingente significato.”

[…] “La messa in atto delle potenzialità conosciute dal paziente come organizzatrici del suo benessere rafforza lo stimolo ricostruttivo in particolar modo presente nell’empatia dell’operatore e quindi nella intensità del rapporto e della comunicazione, che si costituiscono come caratteri essenziali e distintivi della psicoterapia ipnotica neo-ericksoniana.” [ A.M.I.S.I. Principi di teoreticità e di prassi nella psicoterapia ipnotica neo-ericksoniana – Terzo manifesto teorico didattico: update (AA. VV.) Ed. AMISI, 2001]